venerdì 7 ottobre 2011

La decrescita felice



Discorso sul PIL di Robert Kennedy del 18 Marzo 1968


Il 18 Marzo del 1968 Robert Kennedy pronunciava, presso l'università del Kansas, un discorso nel quale evidenziava -tra l'altro- l'inadeguatezza del PIL come indicatore del benessere delle nazioni economicamente sviluppate.

Tre mesi dopo veniva ucciso durante la sua campagna elettorale che lo avrebbe probabilmente portato a divenire Presidente degli Stati Uniti d'America.

Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.

Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.


(Robert Kennedy)






La decrescita è un concetto socioeconomico, secondo il quale la crescita economica - intesa come accrescimento costante di uno solo degli indicatori economici possibili, il Prodotto Interno Lordo (PIL) - non porta ad un maggior benessere e nemmeno ad un aumento delle probabilità di sopravvivenza degli organismi conosciuti. Questa idea è in completo contrasto con il senso comune corrente, che pone l'aumento del livello di vita rappresentato dall'aumento del PIL come obiettivo di ogni società moderna.

L'aggettivo sostenibile allude alla proposta di organizzarsi collettivamente in modo che la diminuzione della produzione di merci non costituisca riduzione dei livelli di civiltà, ed anzi risulti sostenibile da un punto di vista ecologico, sociale e civile.

L'assunto principale è che le risorse naturali sono limitate e quindi non si può immaginare un sistema votato ad una crescita infinita. Il miglioramento delle condizioni di vita deve quindi essere ottenuto senza aumentare il consumo ma attraverso altre strade. Proprio per la costruzione di queste vie sono impegnati numerosi intellettuali, al seguito dei quali si sono formati movimenti spesso non coordinati fra loro, ma con l'unico fine di cambiare il paradigma dominante della necessità di aumentare i consumi per dare benessere alla popolazione. Un esempio di questi gruppi sono i gruppi d'acquisto solidale (GAS) o gli ecovillaggi. Il principale esponente di questa corrente è Serge Latouche.

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