L'economia malata del neoliberismo europeista
In
una situazione di economia sana, l'aumento della massa monetaria
attraverso l'aumento dei salari pubblici, l'aumento delle pensioni
basse o permettendo alle persone di andare in pensione a un'età
ragionevole, comporterebbe un aumento della domanda, che
obbligherebbe le aziende ad aumentare la produzione. Le aziende, non
riuscendo a soddisfare la maggiore richiesta di beni con la stessa
manodopera, sarebbero costrette, giocoforza, ad assumerne di nuova.
Stabilito che l'inflazione è data dall'incontro tra domanda e
offerta, è intuitivo capire che all'aumentare della domanda, se
cresce di pari passo l'offerta, l'inflazione non può aumentare.
Nella
situazione di economia malata in cui siamo affogati, dove non vi è
alcun controllo da parte dello Stato è chiaro che le aziende,
trovandosi a fronteggiare un aumento della domanda, piuttosto che
assumere nuova manodopera, preferirebbero mantenere stabile l'offerta
così da provocare un aumento del prezzo. Per impedire un tale
disastro ci viene in soccorso la BCE la quale, per impedire impennate
inflazionistiche (?), immette poca moneta nell'economia. Qual è il
costo che i cittadini sono costretti a pagare per questo impulso di
generosità della Banca Centrale Europea? La risposta ci viene
offerta dalla curva di Phillips la quale ci spiega la relazione che
intercorre tra disoccupazione e inflazione. Essa afferma che un
aumento della disoccupazione risulta correlato a un decremento del
saggio dei prezzi e sull'altare di questo “Moloch” sacrifichiamo
milioni di persone alla miseria eterna.