venerdì 24 maggio 2019




L'economia malata del neoliberismo europeista

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In una situazione di economia sana, l'aumento della massa monetaria attraverso l'aumento dei salari pubblici, l'aumento delle pensioni basse o permettendo alle persone di andare in pensione a un'età ragionevole, comporterebbe un aumento della domanda, che obbligherebbe le aziende ad aumentare la produzione. Le aziende, non riuscendo a soddisfare la maggiore richiesta di beni con la stessa manodopera, sarebbero costrette, giocoforza, ad assumerne di nuova. Stabilito che l'inflazione è data dall'incontro tra domanda e offerta, è intuitivo capire che all'aumentare della domanda, se cresce di pari passo l'offerta, l'inflazione non può aumentare.
Nella situazione di economia malata in cui siamo affogati, dove non vi è alcun controllo da parte dello Stato è chiaro che le aziende, trovandosi a fronteggiare un aumento della domanda, piuttosto che assumere nuova manodopera, preferirebbero mantenere stabile l'offerta così da provocare un aumento del prezzo. Per impedire un tale disastro ci viene in soccorso la BCE la quale, per impedire impennate inflazionistiche (?), immette poca moneta nell'economia. Qual è il costo che i cittadini sono costretti a pagare per questo impulso di generosità della Banca Centrale Europea? La risposta ci viene offerta dalla curva di Phillips la quale ci spiega la relazione che intercorre tra disoccupazione e inflazione. Essa afferma che un aumento della disoccupazione risulta correlato a un decremento del saggio dei prezzi e sull'altare di questo “Moloch” sacrifichiamo milioni di persone alla miseria eterna.